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• L'illusione ideologica

In accordo con la questione ideologica tra capitale e lavoro, la ideologia comunista afferma che la classe imprenditoriale, detenendo la proprieta' dei mezzi di produzione, decide in azienda. Dice che poiche' allo stesso tempo e' mossa da ragioni di profitto, ne consegue necessariamente metterà il proprio interesse sopra a quello del lavoro. In considerazione che ogni lira che si leva al lavoro va giocoforza all'imprenditore, la conclusione e' che il capitale sfrutta il lavoro e l'imprenditore si accaparra utili del lavoro in eccesso del dovuto per istinto naturale. 

A fronte di questi argomenti si può guardare come funziona una azienda.  Quando i soldi entrano, cio' avviene perche' si vende un prodotto ed esiste un l'acquirente,  un terzo, non parte in questa causa tra fattori di produzione, che paga. La questione ideologica nasce quindi in po "sconcia" gia di partenza, come un litigio all'ombra della scelta di un consumatore. Dice l'ideologo socialista, il lavoro deve avere una fetta maggiore di questo ricavato ma la contestazione non sembra partire dal piede giusto. Il ricavo da una vendita contiene già tutte le retribuzioni pattuite, cioe' copertura dei costi di materie prime, lavorazioni, lavoro e capitale, secondo contratti in essere. Il rapporto tra azienda e lavoro e' poi regolato da un contratto tra i due.  Per cui, nel rispetto delle leggi, anche se vero che il capitale , come d'altra parte il lavoro, sono agenti che sono mossi da motivi di profitto o utili, quando i soldi entrano non puo' l'imprenditore discriminare quanto va al lavoro e quanto va al capitale. Dovrà  egli pagare i lavoratori al salario pattuito indipendentemente da quanto incassa. Ad esempio, se le vendite scendono, questi deve pagare il lavoro a prescindere se l'azienda fa profitto. 

In terzo luogo, ammesso che il capitale con i patti in essere guadagni margini oltre la naturale remunerazione del capitale, come afferma l'ideologia all'origine dello sfruttamento, portera' l'imprenditore a assumere piu' lavoro non meno, ad ampliare i suoi impianti, situazione per cui necessariamente la forza lavoro nel suo insieme non potra' che giovarsi; il tutto che mettera' una pressione anche sui salari con effetti positivi anche in termini di reddito individuale. Quindi piu' assunti a maggiori salari. 

Questa visione di un profitto e di un capitale dannoso all'egualitarismo e' una visione bucolica di vita socioeconomica che non trova riscontro pratico e materiale negli attuali sistemi di produzione industriali. Il profitto e' un elemento irrinunciabile nel patto di produzione ed Il capitale e' quella essenziale componente della azienda che serve tutti.  In effetti alla origine, vi sono i precetti di economia e di propensione al guadagno che presi individualmente possono deviare l'analisi suggerendo diseguale distribuzione ma che si dovrebbe capire che nei fatti l'imprenditore, per trarre il massimo profitto non potra' che trarre il massimo il prodotto congiunto dei due, e quindi anche del lavoro, noto come valore aggiunto.

Nel contesto delle leggi, la garanzia di benessere per il lavoro sara' sempre garantita  dalla rimozione di privilegi e favoritismi, ad esempio discriminazioni su base di sesso,  stato civile e religione, da una efficiente informazione tra aziende e lavoro nelle assunzioni, e, perche' no da contrattualita' e remunerazioni libere anziché collettive, terreni su cui le leggi e l'attivita' sindacale dovrebbero organizzarsi.  ( per chi voglia sapere di più su questioni di classe, un fatto ancora poco capito, trova un lavoro abbastanza esauriente  questo link)

L'illusione ideologica