ANCHE I NOBEL POSSONO SBAGLIARE – A PROPOSITO DEL TEOREMA M.M. SULLA IRRILEVANZA DELLA STRUTTURA DEL CAPITALE SUL VALORE DI SOCIETA'

di Andrea Carola *

Nel mondo della finanza ha principale ruolo la teoria finanziaria degli investimenti, una branca delle scienze economiche che mira a determinare il valore di beni e graduatorie nei processi di investimento. Tra questa vi e' un dettame derivato da un lavoro saggistico di 2 premiati Nobel per l'economia che hanno sancito un principio noto come la “irrilevanza della struttura finanziaria di una societa' ai fini del suo valore di mercato” in un saggio del 1958 degli autori Modigliani – Miller( il primo italiano ) dal titolo :The Cost of Capital, Corporation Finance and the Theory of Investment. Dice questo teorema, il valore di mercato di una societa' non varia al variare della composizione del capitale tra capitale proprio e debito. Nessuno in finanza non conosce questo principio.

Io personalmente non mi impiegherei in una critica di un premiato Nobel in un suo lavoro se non in forza del fatto che nella mia carriera di studi ho frequentato corsi universitari con premiati Nobel, ed in questo, anche se sono un autonomo ricercatore e non un accademico, mi sento parte di quella  fascia di tecnici economici che si puo' cimentare in simili iniziative di criticare errori degli intoccabili. Mi sono incuriosito da un aspetto di questa teoria facendo una analogia trovandomi a esaminare casi di investimento immobiliare di immobili associati con un debito. Sarebbe errato pensare che si possa acquistare un immobile con debito allo stesso prezzo di uno libero da obbligazioni. Un fatto che un operatore immobiliare si asterrebbe da fare.

Venendo alle societa', e' la situazione eguale o differisce da quella del caso basilare di un immobile? Anche leggendo tra report finanziari di acquisizioni di societa', di fatti si legge che, benchè si citano principi di economia finanziaria, quando si va di fatto a quantificare gli importi da corrispondere ai venditori di societa', si legge spesso che il debito delle società viene alla fine detratto dal prezzo valore della società così' come calcolato in base ai suoi rendimenti, ne piu' ne meno di quanto non faccia un operatore immobiliare se all'immobile è associato un mutuo.

Mi sono posto il quesito e quindi ho esaminato il saggio in questione. Partendo da solide e ben impostate premesse, gli autori analizzano il contesto della societa' commerciale e del suo valore di mercato espresso in titoli determinato in base al principio della rendita effettiva presunta futura. Con tutte le premesse o “assumptions” relative ai fattori di rischio connessi con le proiezioni di dati futuri, gli autori vengono a determinare il fattore capitalizzazione della rendita quale momento centrale nella determinazione del valore di azienda. Per cui, se questo valore e' inferiore a quello che si otterrebbe in un mercato di beni finanziari perfetto dove si scambiano beni in base alle rendite medie, quel bene e' destinato a scendere di prezzo fino a che il mercato si equalizza in equilibrio. Movimento opposto se le rendite risultano invece superiori alla media e per cui il prezzo di quella società e suoi titoli sara' invece destinato a salire.

Con questa premessa, gli autori quindi vanno a considerare il contingente aspetto della valutazione di una societa' indebitata.  Quindi arrivano alla proposizione 1. Dice il teorema, assumendo una rendita finanziaria su capitale denominata Xi , ovvero il ritorno prima degli interessi da quel capitale, e denotando con Si , il valore di mercato delle sue azioni, gi autori inseriscono la variabile debito o Di. Aggiungono quindi una nuova grandezza Vi, definita come il valore di tutti i titoli ( securities) della società ovvero il valore di mercato della societa' + il debito Di. Stabiliscono quindi la identità :

Vi = (Si + Di) = Xi/ pk dove pk e' il rendimento medio da investimenti sul mercato.

La teoria quindi con questa equivalenza dice un nonsenso. Perchè?  Nei fatti come viene riportata vi e' un doppione grandezza perche' gli autori parlano di valore di mercato delle azioni che indicano con Si ,( the market value of its common share) che e' la stessa cosa del valore di mercato della societa' che denominano Vi (the market value of all its securities or, as we shall say, the market value of the firm.) Per cui indicando con Vi e Si la stessa grandezza. Dicono poi Vi = ( Si + Di) e per cui indicano una equivalenza che è impossibile. Ovvero e' impossibile che il valore di mercato di una societa' sia diverso da se stesso ovvero eguale al suo stesso valore dedotto del debito. Per cui dice il teorema, giungendo subito a una legge teorica, il valore di mercato di una azienda e' indipendente della sua struttura finanziaria. Su  questa proposizione  si impernia il resto del saggio.

Gli autori sembrano partire nell'intento di voler fare una affermazione a introdurre il principio di una societa' commerciale a capitale interamente proprio per distinguerla da una con capitale composto in parte da debito.  Due casi di azienda con la stessa dimensione e redditualita' prima di interessi; in un caso e' costituita solo da capitale proprio ed in un secondo da un capitale e da un debito. Quindi direbbe il teorema se fosse cosi' , quanto varrebbe questa seconda societa' rispetto alla prima? Avrebbe dovuto concludere che il valore prima degli interessi sarebbe eguale tra le due, ma dopo gli interessi, che va detto includono anche la quota restituzione del montante del debito,  la seconda varra' senz'altro di meno della prima.  Una situazione che si specchierebbe in una rendita comune Xi che nel primo caso è intatta mentre nel secondo e ridotta a xi- di ovvero netta di quote mutuo.

Ora, pero' gli autori non dicono questo, sorprendentemente; si fermano alla prima considerazione e concludono che il valore di azienda e' quindi  irrispettivo della struttura del capitale senza approfondire;   Non bisogna confondere il valore  del capitale investito che  sara' indipendente dal fatto se a esso è associato un debito,  con il valore della societa'  che ora ha però una obbligazione nel passivo che penalizza il suo valore.  La valutazione di un impanto industriale non deve essere penalizzata da un debito che nulla ha a che fare con la tecnologia di produzione.  Ma vi è differenza tra valore di un impianto e valore di mercato se poi si va a vendere.   Vi e' un errore in questo noto saggio di rilevanza non piccola, se non altro per la diffusione che ha avuto.  Non ci si spiega come non sia ne stato rilevato da nessuno finora, ne anche com' e' che illustri scienziati di indubbia competenza non se ne siano avveduti anche dopo una loro stessa correzione al saggio che però non riguardava questo aspetto.  E' necessario enfatizzare che il valore del  capitale di azienda è sempre affetto negativamente dalla posizione debitoria della societa' a parita' di rendimento  e di capitale.

In ogni considerazione per chi volesse leggere un saggio che copre la questione finanziaria di valutazione di proprieta' sul principio di un debito oneroso non solo per la azienda in termini di utili ma anche in termini di suo valore di mercato, puo' fare riferimento a questo saggio.( >>> vai al link). 

-------------

nota1: estratto in questione della proposizione di Miller Modigliani in inglese tratto dal loro saggio.

Proposition I. Consider any company j and let Xi stand as before for the expected return on the assets owned by the company (that is, its expected profit before deduction of interest). Denote by Di the market value of the debts of the company; by Sj the market value of its common shares; and by Vj=Sj+Dj the market value of all its securities or, as we shall say, the market value of the firm. Then, our Proposition I asserts that we must have in equilibrium:

(3) Vi = (Sj + Dj) = Xjl/pk, for any firm j in class k.

That is, the market value of any firm is indepezdent of its capital structure and is given by capitalizinzg its expected return at the rate Pk appropriate to its class. This proposition can be stated in an equivalent way in terms of the firm's "average cost of capital," Xj/Vj, which is the ratio of its expected return to the market value of all its securities. Our proposition then is:

xj Xj (4) - = Pk,

for any firm j, in class k. That is,the average cost ofcapital, to any firm' IS comipletely independent of its capital structure.

 

* dottore in economia Università di Napoli, University of California;  direttore di Studiofinanza

ANCHE I NOBEL SBAGLIANO – A PROPOSITO DEL TEOREMA M.M. SULLA IRRILEVANZA DELLA STRUTTURA DEL CAPITALE SUL VALORE DI SOCIETA'